In base al tipo di patologia e alla parte di orecchio colpita, gli esperti distinguono le tipologie di disabilità a cui corrispondono soluzioni specificamente studiate. Quando si parla di disturbi all’udito, esistono infatti tantissime differenze: ci sono quelli di tipo trasmissivo, dove ad essere difettoso è l’apparato meccanico dell’orecchio (timpano, membrana, ossicini…) e quelli di tipo neurosensoriale, dove il danno riguarda la parte interna dell’orecchio, la cosiddetta coclea. Quest’ultimo tipo è dovuto a fattori genetici, traumi acustici acuti o cronici, agenti infettivi come virus, batteri e parassiti, sostanze tossiche o malattie autoimmunitarie.
Per le sordità di tipo trasmissivo, la soluzione può essere chirurgica o farmacologica. Per le sordità neurosensoriali, tutto dipende dalla loro gravità: nei casi di ipoacusia grave o acuta l’impianto cocleare (IC) può rappresentare una soluzione ideale, che può aiutare a sostituire e imitare le funzioni dell’orecchio interno, per riavere accesso a tutti i suoni e acquisire così un’indipendenza fisica e mentale. Da più di 30 anni gli impianti cocleari sono utilizzati con successo e grazie alle recenti innovazioni possono essere accuratamente calibrati e personalizzati sulle esigenze di ciascun paziente e sulla sua anatomia.
Un IC sostituisce le cellule ciliate danneggiate o inesistenti della coclea. Consiste in un impianto interno e in un componente esterno (il processore audio), che raccoglie le onde sonore nelle vicinanze e le trasmette all’impianto, che a sua volta trasferisce questi segnali attraverso il nervo acustico direttamente al cervello, dove vengono percepiti come suoni.
Le soluzioni ad alta tecnologia per affrontare un problema di ipoacusia sono, quindi, molteplici ed affidabili: tuttavia, si tratta di una condizione spesso trascurata, a causa di un frequente stigma associato alla perdita d’udito, o non riconosciuta tempestivamente, se non in stato avanzato.